Seduto sui propri pensieri, dinnanzi a quell’orizzonte vasto che può spalancargli pure l’olimpo degli dei, Luciano Spalletti lascia che l’aritmetica non diventi opinione diffusa e che il calcio, il suo calcio, prima di trasformarsi in poster assuma forme fatte e finite. «Non so se questa sia la mia squadra più bella, non me lo chiedo neanche, soni discorsi che non mi appartengono. Io vivo il presente, per il futuro ci sarà tempo di parlarne. E anche del passato».

E’ vietato sospettare d’essersi adagiati in una vigilia piatta, di una partita ormai già assegnata dal destino: sarà pure un testa-coda, come s’usava in quel calcio che Spalletti ha già attraversato a modo suo, andando sempre alla ricerca di una godibile bellezza, e in quelle trappole che s’avvertono qua e là, è obbligatorio infilarci il sacro furore della diffidenza, quella paura artificiale che serve per scovare motivazioni da non far sopire mai, perché la Cremonese...«E’ quella che ci ha buttato fuori dalla Coppa Italia e un po’ ancora ci girano le scatole. Abbiamo perso la possibilità di dare spazio a chi ne avrebbe meritato, penso a Gaetano che diventerà uno dei centrocampisti più bravi, o a Zerbin o a Zedadka o a Bereszynski o a chi gioca meno, e invece...Invece sappiamo che alla Cremonese è difficile dare il colpo del ko. Ma noi vogliamo vincerla, dobbiamo».

Sezione: Rassegna Stampa / Data: Dom 12 febbraio 2023 alle 10:58 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Redazione TuttoCremonese
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